13 Set L’abito non fa la wedding planner
Oggi faccio la frivola e voglio rendervi partecipi delle mie riflessioni su un tema su cui le aspiranti wedding planner si incagliano sempre e che è uno degli argomenti di conversazione su cui i salotti di colleghe si accaniscono nel vano tentativo di trovare una soluzione univoca. La domanda fatidica è facile, indovinate?
Come si veste una wedding planner ad un matrimonio?
Lasciate perdere JLo e il suo tailleur con la gonna a tubino e la giacca piena di ammennicoli. No davvero, lasciatela perdere SUBITO! Se no non vado nemmeno avanti.
Fatto? Bene…
Mi sono confrontata con alcune colleghe sull’argomento e la risposta non è univoca nè scontata. Anche se esistono dei dress code specifici, per quanto riguarda soprattutto i matrimoni italiani la pratica non è semplice come la teoria. Alcuni punti però sono comuni a tutti:
1) Scarpe basse
Qui c’è poco da discutere, se non riuscite a capirne l’esigenza non avete coscienza delle almeno 15 ore passate prevalentemente in piedi, correndo da una parte all’altra, arrampicandosi sulle scale come scimmie ecc…
2) Pantaloni
Salvo qualche atleta o qualche star del settore siamo tutte concordi che, per gli stessi motivi che ci fanno scegliere le scarpe basse, i pantaloni sono meglio di una gonna per quanto comoda (la gonna a tubino no, ho detto!)
3) Doppio abbigliamento
Nella maggior parte dei casi si preferisce un abbigliamento più comodo per tutte le fasi della preparazione (in genere pantaloni o jeans e una maglietta con il logo dell’agenzia, accompagnati da scarpe da ginnastica) che poi deve essere sostituito prima dell’inizio della cerimonia con qualcosa di più appropriato. L’unico handicap di questo ottimo programma è che a volte non c’è tempo di cambiarsi, quindi per lo meno bisogna prendersi la briga di studiare anche per i propri vestiti un piano B. Vale la pena secondo me di valutare un abbigliamento da lavoro che possa in emergenza essere adatto anche alla fase successiva, ed essere presentabile almeno fino al momento in cui ci sarà tempo di cambiarsi.
4) Abbigliamento non appariscente
E qui iniziano i dolori, perchè sebbene si sia tutte concordi nel dire che non siamo noi le star della giornata, che non dobbiamo farci notare troppo pur essendo sempre presenti, sul modo di interpretare questo “non appariscente” c’è una faida che i Guelfi e i Ghibellini ci fanno un baffo.
Le posizioni principali sono due, mimetismo con lo staff e mimetismo con gli invitati.
La divisa da wedding planner: una fazione sostiene con fervore che per passare inosservate mantenendo allo stesso tempo un atteggiamento professionale occorre indossare una divisa che, con varianti, segue le stesse logiche della divisa dello staff della sala o di alcune hostess. Quindi per esempio un tailleur pantaloni nero, grigio o blu con camicia bianca (di nero e bianco parliamo dopo) con scarpe basse. Ho pasticciato con polyvore per provare a mettere insieme un esempio abbastanza generico, aggiungendoci una cinta (la trovo utile per attaccare il walkie talkie o il cellulare), un borsone (altro che giacchetta di JLo) delle emergenze (che porto sempre, indipendentemente dall’abbigliamento), una borsa piccola nel caso di oggetti indispensabili da avere sempre addosso e un paio di orecchini giusto per completezza.
L’abito elegante da wedding planner: l’altra fazione sostiene che per risultare meno appariscenti bisogna invece confondersi con gli invitati, quindi avere un abbigliamento comodo, con le scarpe basse, con i pantaloni, non troppo appariscente ma elegante. Vi assicuro che quest’opzione io l’ho provata e non è per niente facile da realizzare; in più crea il classico momento checosadiavolomimetto? qualche giorno prima dell’evento, soprattutto se come me avete perso 3 taglie in sei mesi (il momento è ok per bullarsi un po’! 🙂 ) Qui mi sono sbizzarrita un po’ per creare un insieme non troppo scomodo e che possa “passare” da abbigliamento da invitata. Ovviamente con polyvore è facile e con il portafogli un po’ meno (giusto per dirvene una questa camicia è di Emilio Pucci e costa tipo 600€ quindi SICURAMENTE non la metterei MAI per lavorare) però penso di aver reso l’idea.
E io di quale fazione sono? Ci ho pensato e ripensato e probabilmente la risposta è “di nessuna delle due”. Tra queste due opzioni la scelta non è semplice e a livello teorico mi piacere scegliere la prima che è più comoda, non comporta crisi davanti all’armadio e permette di rivestire il ruolo che ci spetta: quello di una persona che sta lavorando, che è lì per aiutare e deve essere facilmente riconoscibile all’occorrenza, ma passare inosservata per tutto il resto del tempo. Nonostante tutte queste belle ragioni spesso scelgo la seconda. Mi è capitato infatti di incontrare invitati molto spaventati dalla figura della wedding planner (perchè?-chiederete voi- Ebbene, non ne ho la più pallida idea!), e vederli inibirsi ed evitare di mangiare e ballare in mia presenza, costringendomi a fare i salti mortali per lavorare senza essere seguita dal loro sguardo preoccupato. In questi casi ho capito che essere in incognito è fondamentale. Mi è capitato anche di conoscere coppie di sposi che non volevano far sapere di avere la wedding planner, ma volevano comunque che fossi presente per tutto il giorno, come una specie di cugina impicciona e quindi dovevo vestirmi come tale 😛 Allo stesso modo mi è capitato di conoscere famiglie che volevano vedermi in divisa e altre che mi hanno presentato praticamente a tutti gli invitati neanche fossi l’ospite d’onore, volendo vantarsi del fatto di avere una wedding planner.
Per regolarmi, insomma, cerco di capire cosa vogliono gli sposi e in che tipo di ambiente mi troverò a lavorare, se la mia figura è conosciuta, se vogliono che gli invitati siano a conoscenza della mia presenza e che grado di “mimetismo e asetticità” devo raggiungere, se una divisa può o meno essere appropriata al contesto. In alcuni casi potrebbe essere adatta una via di mezzo, che ho provato a creare pasticciando un po’. Potrebbe essere una buona soluzione in questa fase di transizione per traghettare le famiglie del sud Italia nel magico mondo in cui le wedding planner non mangiano gli invitati 😛
Qualche parola infine sul bianco e nero. Se si sceglie la seconda via, quella dell’abito elegante, bisognerebbe evitare il total black e il total white, entrambi colori VIETATI ad un matrimonio per le invitate, dovreste sapere benissimo perchè (e se non lo sapete ditemelo, che vi scrivo un articolo sull’argomento). Si presuppone inoltre che NESSUNA delle invitate abbia questo ardire (ahimè, lo so, è una battaglia persa!), quindi usando questi colori spicchereste ancora di più. Nel caso della prima opzione, invece, questi colori sono permessi in quanto non sembriamo più invitati, ma staff. Se proprio una parte di voi non ce la fa a vestirsi di nero ad un matrimonio (io confesso di essere piuttosto fissata -si era mica capito?- e ho conosciuto molte spose che lo sono altrettanto) un tailleur blu scuro o grigio o una camicia non bianca possono risolvere la situazione senza colpo ferire.
Io non sono un’esperta di abbigliamento (lascio questo lavoro ad altri più illustri colleghi) e non penso che lo diventerò alla mia età e col mio fisico non proprio da Barbie, ma ho voluto condividere con voi queste riflessioni e il frutto dei miei pasticci. Alla fine dei giochi penso che – momento eresia! – l’abbigliamento sia un aspetto veramente marginale del nostro lavoro, serve solo a metterci nelle condizioni di lavorare meglio e sentirci più a nostro agio. Fatemi sapere cosa ne pensate e mostratemi i vostri outfit contattandomi o rispondendo qui nel blog!
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